Il tumulto del 28 maggio 1574, in un’epoca turbolenta dominata dal conflitto tra nobili “Vecchi” e nobili “Nuovi”, si distingue per un evento insolito: il senato genovese, nonostante le agitazioni politiche, trova il tempo di ratificare lo Statuto dell’Arte dei “Fidelari” – noti anche come pastai – sancendo così la nobiltà della pasta, confezionata con la pregiata semola. L’etimologia della parola “Fidelari” ci trasporta in terre lontane, dall’arabo fidawish, indicante una pasta singolare che richiama l’immagine di corti vermicelli, lavorati con abilità artigianale tramite un’impasto di acqua e semola lasciato riposare prima di prendere forma tra le mani dei maestri pastai.
Un’interessante scoperta culinaria emerge da antichi testi andalusi del XIII secolo: una metamorfosi dei fidawish, dove i pastai arrotolavano abilmente la pasta fino a ridurla alle dimensioni di un minuscolo grano di pepe, pronto per essere immerso direttamente nelle acque ribollenti. Questa tecnica, nota come “scuccussun”, ha attraversato il tempo e lo spazio, giungendo fino alle coste di Carloforte e Pegli grazie alle famiglie tabarchine, per poi insinuarsi nei piatti della cucina ligure, abbandonando la sua somiglianza con il couscous per unirsi armoniosamente al ricco minestrone locale.
Questo viaggio gastronomico ci dimostra quanto sia infinita la creatività e l’adattabilità delle tradizioni culinarie, offrendo un’esperienza sensoriale che unisce storie antiche e sapori contemporanei, con la pasta al centro di un ricco e affascinante racconto culinario.
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